Dati bibliografici
Autore: Aldo Vallone
Tratto da: La critica dantesca del Novecento
Editore: Leo S. Olschki, Firenze
Anno: 1976
Pagine: 247-249
Erich Auerbach ha dedicato i seguenti saggi a Dante: Entdeckung Dantes in der Romantik (in Deutsche Vierteljahrschrift fiir Literatur wissenschaft und Geistesgeschichte, 7, 1929), Dante als Dicbter der irdiscben Welt (Berlin-Leipzig 1929), Dante und Virgil (in Das bumanistische Gymnasium, 4.5.1931), Neue Dantestudien (Istanbul 1944), St. Francis of Assisi in Dante (in Italica, 22, 1945), Figurative Texts illustrating certain passages of Dante's «Comedia» (in Speculum, XXI, 1946), Saul's pride (Purg. XII, 40-42) (in Modern Language Notes, 64, 1949), Rising to Cbrist on the Cross (in Modern Language Notes, 64, 1949), Dante's Prayer to the Virgin (Par. XXXIII) and Earlier Eulogies (in Romance Philology, III, 1949) e Dante's addresses to the Reader (in Romance Philology, VII, 1954), Farinata und Cavalcanti in Mimesis. Dargestellte Wirklichkeit in der abendldndiscben Literatur (Bern 1956); oltre alle varie pagine nel volume Literaturspracbe und Publikum in der lateinischen Spiitantike und im Mittelalter (Bern 1958). Pagine spesso in colloquio, negli stessi anni e con dirette interferenze nei temi e costruttiva polemica nei risultati, con saggi e E. R. Curtius, sempre di fronte a modi personaggi e tradizioni del Medio Evo ma con Dante, qui, come comprimario (Europiiische Literatur und Lateiniscbes Mittelalter, Bern 1948 e Gesammelte aufsiitze zur Romanischen Philologie, Bern 1960 pattie. pp. 305-40). Un arco di tempo, dunque, che abbraccia trent'anni di ricerche e di meditazioni. È indubbio che Dante non solo è autore esemplare per certa problematica cara all' Auerbach, ma anche è un momento estremamente positivo nel grande conflitto, o, comunque, flusso delle idee e delle correnti dall'antichità all'età moderna. L'aver trovato un punto fermo su cui poggiare le grandi arcate del tempo, antichità-medioevo-età moderna, dà all'interpretazione dello Auerbach una singolare forza di penetrazione suggestiva. Quanto varia o si moltiplica o si sviluppa l'esperienza del tempo e delle idee, tanto ferma e conchiusa è la prospettiva di Dante. Il problema, ad esempio, di struttura e poesia nella Divina Commedia che ha bloccato ad un tempo filologia ed estetica e, ancor prima, ricerca erudita e storica, insolubile col metro dell'estetica, si muta in tema squisitamente critico e interpretativo. In sostanza la struttura non è un antefatto o un prefatto della poesia, né a questa si oppone, né è altro della poesia; ma è un ritmo interno e di costruzione che permette la nascita e lo sviluppo dell'episodio e del personaggio. Così la lingua, di cui l'Auerbach è espertissimo sotto ogni profilo, assurge a stile solo quando configura un dato rapporto sentimentale nel testo poetico o un legame logico nella dinamica delle idee e delle posizioni. Non è dunque stile sempre e ovunque; né nasce come tale predisposto e assegnato alle cose. Il rischio di una lettura intelligente ma dispersiva della Commedia, che pure dové affacciarsi nel lontano saggio Dante als Dichter der irdischen Welt (1929), sembra dissolversi (e tale è nella convinzione del critico) (già in Archivum Romanicum 22, 1938) con Figura, studio centrale dei Neue Dantestudien (1944). La base della poesia di Dante è, dunque, nella interpretazione figurale della realtà: qualcosa di ben diverso di quel che accadeva nello spiritualismo e nel neoplatonismo. La vita di questo mondo è «umbra» e «figura» di un assoluto ch'è il solo vero ed eterno. Il presente di questa realtà, amata e descritta, è più propriamente il futuro, il segno di quel che accadrà. La concezione figurale determina «una connessione fra due avvenimenti o personaggi, nella quale uno dei due significa non solamente se stesso, ma anche l'altro, e il secondo invece include il primo e lo integra. Le anime dei morti solo nell'aldilà conquistano il loro compimento, la vera realtà della loro persona; il loro apparire sulla terra fu soltanto la figura di questo compimento». Profezia è «figura». Di qui la forza, la persuasione, la violenza patetica e sentimentale del mondo dantesco. Tutto questo non si deve ad una illuminazione dell'ingegno del critico, è piuttosto il risultato di una lunga e paziente ricerca del valore filologico, prima che in Dante, nel tempo lontano e vicino che ha preparato il poeta. Meno persuasivi, forse, appaiono certi attributi di singolarità degli scrittori che possono invece ricondursi a un lento evolversi di temi e di forme, anche per l'apporto dei minori, nell'alveo di un genere o di una corrente.
Così certe puntualizzazioni e insistenze sulla retorica, sempre suggestivamente proposte ed esposte, adottano temi che in Italia campeggiano già nel Cinquecento sia pure con altre intenzioni e con spirito ben diverso. Né ci sembra probo parlare di mescolanza di stili in Dante, lungo la tradizione antica che li separa e la cristiana che li mescola; ma se mai, e più degnamente, di creazione di uno stile proprio sempre più valido personalmente e miracoloso quanto più si raffronta a quello medioevale e coevo al poeta, da cui sorge e si configura. Ma si capisce che interesse dell'Auerbach è giungere alla definizione di un mondo e di un tema attraverso la intelligenza della parola e dello stile. Ci pare indubbio che accanto al Curtius, cui sempre è bene richiamarsi, e oltre lo Spitzer, l'Auerbach fa fluire nella sua ricerca non solo finezza interpretativa e acume filologico, ma anche istanze culturali e retoriche, problemi storici e programmi letterari.