Dati bibliografici
Autore: Franca Brambilla Ageno
Tratto da: Studi Danteschi
Numero: 50
Anno: 1973
Pagine: 100-101
Il Torraca chiosa: “D’un suon ecc. Era un fracasso spaventevole a udire”, e con una discrezione che non gli è abituale, mette virgola solo alla fine del verso, dopo spavento. Il commento scartazziano rifatto da G. Vandelli si limita a citare un passo degli Act. Apost. II 2: “Et factus est repente de coelo sonus tanquam adenientis spiritus vehementis”.
Il Sapegno è vago: “l’espressione è enfatica a sottolineare la subitaneità e la potenza della sensazione”; e il testo da lui adottato, come quello del Vandelli, reca virgola dopo suon.
Il Mattalia, sempre attentissimo, sopprime questa virgola (e sopprime anche quella che si trova nelle altre edizioni alla fine del verso). Il suo commento a fracasso vuole conciliare troppe cose: “completa suono, aggiungendovi suggerimento di cose infrante o travolte”, ma per la prima volta sembra avvertire che fracasso, nella lingua antica, non significa soltanto ‘frastuono’.
Tale è il senso che fracasso ha in Purg. XIV 137, entro uno di quei contesti in cui Dante sviluppa con mirabile coerenza una serie d’immagini affini:
folgore parve quando l’aere fende,
voce che giunse di contra dicendo:
“Anciderammi qualunque m’apprende”;
e fuggì come tuon che si dilegua,
se subito la nuvola scoscede.
Come da lei l’udir nostro ebbe tregua,
ed ecco l’altra con sì gran fracasso,
che somigliò tonar che tosto segua
(Par. XIV 131-138)
La serie dei paragoni dice in sostanza che la voce è potente, “tonante”; l’espressione modale con sì gran fracasso può essere resa (poveramente) per mezzo di un’altra espressione modale: ‘in tono così alto’, o per mezzo di un complemento predicativo: ‘così alta’.
Tornando ora ad Inf. IX, 65, osserviamo che non viene chiarita dai commentatori la natura del rapporto sintattico tra fracasso e suon; e le oscillazioni nella distribuzione della punteggiatura dimostrano che resta anche incerto se pien si riferisca a suon o a fracasso (chi, come recentemente anche il Petrocchi, mette virgola dopo suon, riferisce evidentemente l’aggettivo al primo sostantivo).
Ci sembra che l’interpunzione legittima debba consistere in una virgola, non dopo suon, ma dopo fracasso, e che d’un suon sia da intendere come un complemento di qualità: ‘un fracasso, che produceva un suono spaventoso’.
A questo punto, ricorderemo che nella lingua antica fracasso non vale solo ‘frastuono’, ma anche e più spesso ‘rovina’, ‘distruzione’, ‘disastro’, e simili: è vivo, insomma, il collegamento col verbo fracassare (che i dizionari etimologici dicono “probabile incrocio del lat. Frangere e del lat. quassare”). Si vedano gli esempi forniti dal Tommaseo e Bellini, s. v., § 5.
Adottando per la parola un significato intermedio, o più generico, potremo parafrasare: ‘un tumulto (cfr. Inf. III 38), che produceva un rumore (suon) spaventoso’.