Dati bibliografici
Tratto da: Chiose Palatine. Ms. Pal. 313 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Editore: Salerno, Roma
Anno: 2005
Pagine: 157-164
Comincia qui il capitolo ix dove si mostra del malagevole entramento al vi° cerchio d’Inferno, e qui de le tre furie infernali che tegnon esso abito di pravitade si tratta; e dichiara Virgilio a Dante una questione e rendelo sicuro dicendo se esservi stato un’altra fiata.
[1] Quel color che viltà di fuor mi pinse et cetera. [mi pinse] i colori.
[3] [il suo novo ristrinse] i colori.
[5] [a lunga] che guardava lungi.
[8] [Tal ne s’offerse] Dio.
[9] [ch'altri qui giunga] Mercurio.
[14] [la parola tronca] non aperta.
[16] [conca] luogo.
[17] [del tristo grado] di Limbo.
[18] [cionca] diminuisce.
[21] [per quale io vado] andò già altra volta.
[23] Congiurato da quella Ericòn et cetera. Questa fu una incantatrice nata in Tesallia, si come pone Lucano, al cui congiuramento dice qui Virgilio se essere entrato ne l’ultimo cerchio de lo ‘Nferno per trarrene uno spirito fuori. Questo si dice poetando, ché in altra guisa non pare che si acosti a possibilitade. Era questa Ericòn vecchissima al tempo di Cesare e de la grande battaglia di Tesallia, al quale tempo non che morto, ma a pena nato e non nato era Virgilio, ma natura non dovea secondo suo corso tenere colei, né potea, in vita, ch’ella dopo la morte di Virgilio vivesse; oltre questo a lei di Tesallia non dovea ragionevolemente pervenire la notizia di Virgilio mantovano, né si crede che per sì fatta peccatrice spirito si traesse del danato luogo. [Ericòn] nome. [cruda] incantatrice.
[26] [ch'ella] Eritòn.
[29] [gira] circonda.
[35] [m'avea tutto tratto] la mente.
[36] [rovente] ardente.
[38] Tre furie infernali in sangue tinte et cetera. Da poi che l’auttore hae trattato de la incontinenza, ne la quale si conchiude vii peccati mortali sì come radice di tutti li vizi, ora comincia a trattare de la malizia, ne la quale viene la eresia de la fede; ma prima ch’elli entri ne la cittade di Dite, ne la quale è sepulta la eresia, pone in su le mura de la cittade tre furie infernali che a lui appariscono piangendo e urlando e a alta voce chiamando il Gorgone; a notizia de le quali cose è da sapere la interpretazione di queste furie: Aletto è interpretato ‘impausibile’ cioè sanza riposo, e corrisponde al malvagio pensiero; Tesifonte è interpretato ‘sopposta voce’, cioè malvagio parlare, e corri sponde a le male parole; Megere è interpretato ‘grande fermezza del male’, e corrisponde a la malvagia operazione; e veramente queste furie rapresentano l’eretica malizia: nulla malizia è così grave come quella de li eretici , il pensamento de’ quali è Aletto, cioè malvagio e abominabile, le operazioni de’ quali è Megera, però che sempre è sanza correzione e in mal fare fermi come pietra perseverando; «da» questi è chiamato Gorgone perché l’auttore non veggia li secreti de lo ‘Nferno; Gorgo è interpretato ‘dimenticanza’; e altri sono che dicono che le dette iii furie attribuiscono ad ira, cupiditade e appetito carnale. E qui è da notare che ira alcuna volta è comportabile, quando uomo in essa non eccede ragione, ma viziosa è quando si usa in vendetta d’offensione, e allotta si distribuisce quanto a la furia del pensiero: Aletto è cupidità la quale eccede procuramento de’ suoi bisogni ed è vizio il quale è attribuito a Tesifone, a l’appetito de la carne detto a lussuria non per procreare figlioli, ma per dilettazione; Megera, perseverante in tale diletto reo, per le quali furie l'animo che è ad esse disposto in furia e in percussione dimora, le quali furie secondo li pagani in forma di tre femine con capelli serpentini erano figurate e chiamate dee; li poeti a ciascuna qualitade corporale e operazione per suo motore davano alcuna che chiamavano dea, sì come a la sapienza Pallas, et sic de singulis; e così dee Aletto, Tesifone e Megera, per le cui interpretazioni s'intendono le tre qualitadi da le quali ciascuno male si muove: cioè malo pensamento, disonesto parlare, malvagia operazione; cinte di serpenti e d’essi crinute, a dinotare le velenose operazioni e imaginazioni e rememorazioni, dove in su la memoria e intorno a le tempie aveano serpentelli e cerasti avinti, li quali notabilemente significano le imaginazioni e li pensieri de li eretici fredi e velocissimi e maliziosi; piangono e urlano per la temenza che l’uomo, acompagnato con la ragione, non discuopra li loro falsi secreti e poi manifesti e faccia noti a li successori, sì che da sé e da loro signoria si guardino.
[40] E con idre verdissime eran cinte et cetera. Idre sono serpenti d’acqua; idro è l’acqua in greco. [idre] serpenti.
[41] Ceraste et cetera. È uno serpente piccolo cornuto. [cerastri] serpenteli con corna.
[43] [le meschine] le servente.
[44] De la regina de l’etterno pianto et cetera. Questa è Proserpina la quale hae iii nomi: Luna, Diana e l’altro Proserpina; Luna quanto al cielo, Diana quanto a li boschi e diserti, Proserpina quanto a lo Inferno; e a tutti e tre li nomi è detta Triva, le cui allegorie in suo luogo si scriveranno più diffusamente. [de l’etterno pianto] de lo ’nferno.
[46] [Megera] nome.
[47] [Aletto] nome.
[48] [Tesifone] nome. [tacque] Verzilio.
[49] [ciascuna ’l petto] le furie.
[52] Vegna Medussa: sî faren si smalto et cetera. Vedendo le infernali furie discendere l’uomo savio a considerazione de li secreti d’Inferno, invocano ad alte voci Medussa aciò che, per lo suo aspetto, lo uomo di carne si converta in pietra, aciò che per sé veggia li detti secreti né altrui revelar possa; ove è da sapere che Forco ebbe una figliola chiamata Medussa overo Gorgone, a costei lo padre lasciò lo regno, la quale con la sua bellezza li uomini facea uscire di loro memoria, onde favoleggiando si dice che convertia li uomini in pietra; la fama de la cui bellezza commosse Perseo, lo quale con gente armata entroe nel regno di Medussa, prese il regno, tagliò la testa e sparò il corpo a Medussa, del cui sangue nacque il Pegasso, cioè il cavallo alato, lo quale correndo a monte Elicone cavoe la terra e produssene fuori una fontana, che è de le muse e de’ poeti. Pe’ Medusa overo Gorgone prendiamo dimenticamza, a la quale Perseo, cioè uno savio, taglia la testa, quando con la memoria tenace sempre intende; morta la dimenticanza nasce il Pegasso, lo quale secondo Fulgenzio è interpretato fama etterna’, il quale si dice alato però che la memoria tutte le cose visibili! e invisibili col veloce pensiero cerca; dicesi che corse al monte Elicone perciò che sempre la fama cerca di sapienza, perciò che di sapienza nasce fama e nata cerca la sua madre, e poi che l'hae trovata procura di ministrarla altrui; onde bene nasce Pegasso del sangue di Gorgona, cioè de la morte de la dimenticanza, e corre al monte de la sapienza e produce il fonte de la sapienza con la sua unghia, cioè col suo cercamento, il qual fonte è eziandio chiamato Pegasso, cioè ‘etterna memoria’; onde non sanza cagione le furie chiamavano Medussa che con la sua vista converta Dante in pietra, si che li secreti non veggia e quello che hae veduto dimentichi. Fue Medussa figliola di Forco re, serochia di Scem e di Uriale (non di quello di Nisio); Nettunno l’amoe e carnalmente conobbe nel templo di Pallas, di che Pallas irata converti li sui capelli in serpenti e ciò ch’ella vedea si mutava in pietra. Allegoria: fallando Medussa con Nettunno, cioè col mare, cioè con le operazioni mondane, contra il dovere di sapienza, sanza alcuno senso di ragione rimane; Perseo, cioè ‘virtuoso’, vedendo il male che costei facea a li abitanti del paese, con alcuno ingegno di specchio postosi dinanzi a li occhi per non vederla, venne a lei e tagliole la testa, la cui testa crinuta appicatasi «dinanzi la se ne recoe chiamandola» Gorgone. [Medussa] altra furia. [si smalto] di preta.
[54] Mai non vegiamo in Teseo l'assalto et cetera. Qui tocca la favola come Teseo andò in Inferno, la quale è cotale, st come scrive Ovidio nel vii° del Maggiore: Teseo e Peritoco si vantarono di non prender moglie se non fossero figlie di Iove; Teseo rapì Elena, serocchia di Castor e di Polluce, ma Castore e Polluce prese» la madre di Teseo e riebbero la sorore; Peritoco non potte trovare in terra neuna figliola di Iove, discese in Inferno con Teseo per rapire Proserpina e tòrrela per moglie, li quali ambedue fuoron ritenuti e tormentati duramente; finalmente Peritoco fu lasciato liberamente, sanza moglie, andarne, lo quale n’andoe a Ercole e anunzioli che Teseo era preso da le furie; allora Ercole discese con la mazza ferrata a lo ‘Nferno per deliberare Teseo, e fue da Carone menato per nave. Cerbero, vedendo che Carone conducea uomo in carne, morse Carone fortemente, la qual cosa vedendo Ercole, tiroe Cerbero fuori e fedilo si forte de la mazza che li fece gittare la spuma per la bocca venenosa e liberò Teseo de lo ‘Nferno, e però dicono le furie: Mai non vegiamo in Teseo l’assalto.
[55] [il viso chiuso] per non veder Medusa.
[56] [Gorgén] Medusa.
[57] [suso] al mondo.
[60] [non mi chiudessi] con la sua man.
[64] [su per le turbid'onde] su per l’acqua marza.
[66] [le sponde] la riva.
[68] [impetuoso] forte.
[70] [porta fori] Mercurio.
[73] ['l nerbo] ochio d’inteleto.
[74] [su per quella schium’antica] su per l’acqua.
[79] Vid'io più di mile anime distratte et cetera. Pone l’autore che, poi che li demoni chiusero le porte de la cittade, che uno angelo fue mandato da cielo che andoe su per l’acqua di Stige, con una verga aprie le porte, riprese li demoni e mostrò a lui libera entrata. Questo angelo tiene figura de la virtude, la quale produce in luce tutti li secreti e cose nascoste.
Vid'io più et cetera. Perciò che sanza la sperienza de la mente ne la qualitade de la pena de’ peccatori maliziosi e bestiali non si puote entrare come in quella de la incontinenza, qui figuratamente si pone che per l'angelo, che è sperienza de la mente, la presente cittade, cioè qualitade, si’ aperta, lo quale con la sinistra dinanzi al viso s’affatica, a mostrare che ne la sinistra operazione al presente proceda; e che ciascuna anima le si fugga dinanzi, a dimostrare il naturale volere che è in ciascuno la conoscenza in altrui de le sue male operazioni si considera, per la correzione che di lei procede, la quale è propriamente messo di Dio. [distrutte] danate.
[81] [Stige] fiume. [asciutte] e non si bagnava.
[83] [la sinistra] man.
[85] [da ciel messo] Mercurio.
[92] [cominciò elli] Mercurio. [in su l’orribil soglia] da la porta.
[93] [oltracotanza] aroganza.
[94] [a quella voglia] a Dio.
[95] [mai esser mozzo] non pò venir meno.
[97] Che giova ne le fata dar di cozzo? et cetera. Per lo recalcitrare che qui li diavoli fanno, cioè li effetti de la malizia a la virtude, cioè a l’auttore, considerazione, il sopradetto messo celestiale contra loro così ragiona, ramentando quello che per Teseo fu fatto loro, e spezialmente a Cerbero. [ne le fata] a le disposizioni di Dio.
[103] [colui che li è davante] Danti.
[105] [le parole sante] di Mercurio.
[108] [la condizion] de la tera.
[109] [l'occhio] de l’'inteleto.
[112] [Arlî] cità. [Rodano] fiume.
[113] [Pola] cità. [Carnaro] mare.
[114] [bagna] confina.
[116] [quivi] a l'Inferno.
[117] [che ’l mondo] di tornare.
[118] [fiamme] di fuoco.
[121] [suspesi] alzati.
[127] [eresiarche] prinzipi eretizi.
[129] [tombe carche] sepulcri pieni.
[130] [con simile] peccati.