Dati bibliografici
Autore: Michail Bachtin
Tratto da: Estetica e romanzo
Editore: Einaudi, Torino
Anno: 2001
Pagine: 302-305
Alla fine del medioevo compaiono opere di genere particolare, enciclopediche (e sintetiche) per il contenuto, e costruite in forma di «visioni». Ci riferiamo al Roman de la Rose (di Guillaume de Lorris) e al suo seguito (di Jean Chopinel de Meung), La visione di Guglielmo riguardante Pietro l’Aratore (The Vision of William Concerning Piers the Plowman) di William Langland e, infine, la Divina Commedia.
Dal punto di vista del problema del tempo queste opere presentano un grande interesse, ma qui noi possiamo sfiorare soltanto ciò che di pit generale e fondamentale c’è in esse.
L’influsso della verticale ultraterrena medievale qui è estremamente forte. Tutto il mondo spazio-temporale è sottoposto qui a un’interpretazione simbolica. Si può dire che il tempo vi è totalmente escluso dall’azione. Si tratta infatti di una «visione» che ha nel tempo reale una durata molto breve, mentre il significato di ciò che è visto è extratemporale (anche se ha un rapporto col tempo). In Dante il tempo reale della visione e la sua coincidenza con un momento determinato del tempo biografico (il tempo della vita umana) e storico ha un carattere puramente simbolico. Tutto il temporale-spaziale — sia le immagini degli uomini e delle cose, sia le azioni — ha un carattere o allegorico (soprattutto nel Rozar de la Rose) 0 simbolico (in parte in Langland e in grado maggiore in Dante).
La cosa più notevole in queste opere è che alla loro base (soprattutto delle ultime due) c’è una acutissima percezione delle contraddizioni dell’epoca venute a maturazione e, in sostanza, una percezione della fine dell’epoca. Di qui anche l’aspirazione a darne una sintesi critica. Questa sintesi esige che nell’opera sia rappresentata con una certa pienezza tutta la contraddittoria varietà dell’epoca. E questa varietà contraddittoria deve essere comparata e mostrata dall’angolo visuale di un solo momento. Langland raduna su un prato (durante la peste) e poi intorno alla figura di Pietro l’Aratore i rappresentanti di tutti i ceti e gli strati della società feudale, dal re al mendicante, i rappresentanti di tutte le professioni, di tutte le correnti ideologiche, e tutti costoro prendono parte a un’«azione» simbolica (il pellegrinaggio per cercare la verità da Pietro l’Aratore, l’aiuto prestatogli nel lavoro agricolo, ecc.). Questa contraddittoria varietà in Langland e in Dante è, in sostanza, profondamente storica. Ma Langland e soprattutto Dante la fanno salire e discendere, la allungano in senso verticale. Questo allungamento del mondo (mondo stori- co per sua natura) in senso verticale è realizzato da Dante letteralmente e con forza e coerenza geniali. Egli costruisce un meraviglioso quadro plastico di un mondo che intensamente vive e si muove salendo e scendendo lungo la sua verticale: i nove cerchi dell’inferno sotto la terra, sopra di essi i sette cerchi del purgatorio e, pit in alto ancora, i dieci cieli. La rozza materialità degli uomini e delle cose in basso e soltanto luce e voce in alto. La logica temporale di questo mondo verticale è la pura simultaneità di tutto (ovvero la «coesistenza di tutto nell’eternità»). Tutto ciò che in terra è diviso dal tempo, nell’eternità s’incontra nella pura simultaneità della coesistenza. Le divisioni, i «prima» e i «poi» introdotti dal tempo sono inessenziali e devono essere eliminati: per capire il mondo bisogna comparare tutto in un sol tempo, cioè nel- l’angolo visuale di un solo momento, bisogna vedere tutto il mondo come simultaneo. Soltanto nella pura simultaneità o, il che è lo stesso, nella extratemporalità può rivelarsi il vero significato di ciò che è stato, che è e che sarà, poiché ciò che li divideva, il tempo, è privo di autentica realtà e di forza semantica. Rendere simultaneo ciò che appartiene a tempi diversi, e sostituire tutte le divisioni e i legami storico-temporali con divisioni e legami puramente semantici gerarchico-extratemporali, questo è il proposito formativo di Dante, che ha determinato la costruzione di un'immagine del mondo secondo una pura verticale.
Ma nello stesso tempo le immagini umane che riempiono (popolano) questo mondo verticale, sono profondamente storiche e su ognuno di esse sono impressi i connotati del tempo, le tracce dell’epoca. Anzi, nella gerarchia verticale è integrata la concezione sia storica che politica di Dante, la sua no- zione delle forze progressive e reazionarie dello sviluppo storico (nozione molto profonda). Quindi le immagini e le idee, che riempiono il mondo verticale, sono pieni di un possente impulso a svincolarsi da esso e ad entrare nella produttiva orizzontale storica, a disporsi cioè in direzione non dell’alto, ma dell’avanti. Ogni immagine è piena di potenzialità storica e perciò con tutto il suo essere aspira a partecipare all’evento storico nel cronotopo storico-temporale. Ma la volontà potente dell’artista la condanna a un luogo immobile ed eterno nella verticale extratemporale. In parte queste potenzialità temporali si realizzano in singoli racconti novellisticamente compiuti. Racconti come la storia di Paolo e Francesca, del conte Ugolino e dell’arcivescovo Ruggieri sono come diramazioni orizzontali piene di tempo che si dipartono dalla verticale extratemporale del mondo dantesco.
Di qui la straordinaria tensione di tutto il mondo dantesco. A crearla è la lotta tra il vivente tempo storico e l’idealità ultraterrena extratemporale. La verticale sembra esprimere in sé l’orizzontale che potentemente si slancia in avanti. Tra il principio formativo del tutto e la forma storico-temporale delle singole immagini c’è una contraddizione, un contrasto. Vince la forma del tutto. Ma questa lotta, e la profonda tensione della sua soluzione artistica, rende l’opera di Dante l’espressione, di eccezionale vigore, della sua epoca, o meglio, del confine di due epoche.
Nella storia ulteriore della letteratura il cronotopo verticale di Dante non è pit rinato con tanta coerenza e rigore. Ma il tentativo di risolvere le contraddizioni storiche, per così dire, lungo la verticale di un senso extratempotale, il tentativo di negare l’essenziale forza semantica del «prima» e del «poi», cioè delle divisioni e dei legami temporali (tutto ciò che è essenziale, da questo punto di vista, può essere simultaneo), il tentativo di svelare il mondo dall’angolo visuale della pura simultaneità e coesistenza (il rifiuto di una interpretazione «in assenza» del soggetto storico) si sono ripetuti più volte. Dopo Dante, in questo campo, il tentativo pit profondo e coerente è quello di Dostoevskij.