Dati bibliografici
Autore: Giuseppe Ledda
Tratto da: Leggere la Commedia
Editore: Il Mulino, Bologna
Anno: 2016
Pagine: 53-54
Il poema si presenta sin dall'inizio come un racconto in prima persona, in cui il narratore e il protagonista coincidono, ma si trovano a diversi livelli delle strutture temporali e narrative. Le vicende relative al protagonista, che possiamo chiamare Dante personaggio, sono indicate attraverso i tempi verbali «narrativi», cioè i tempi del passato, riferiti al momento in cui si svolge la storia narrata; le vicende relative al narratore, che possiamo chiamare Dante poeta, sono indicate invece attraverso i tempi verbali detti «commentativi», cioè i tempi che si riferiscono al presente e al futuro, al momento della narrazione e della scrittura.
Il protagonista del racconto è un «io» ma è anche un «noi», e la vicenda che inizia si presenta come relativa a un individuo storico preciso, ma anche a un 'rappresentante dell'umanità'. Il lettore medievale poteva riconoscere nel primo verso l'eco di un versetto biblico (Is 38, 10), rispetto al quale spicca la sostituzione dell'aggettivo possessivo singolare, «meorum», con quello plurale «nostra», a indicare il valore universale della vicenda che inizia e del suo protagonista. Questa duplicità dell’«io» è una declinazione della duplicità del senso letterale e allegorico: il protagonista sarà precisato nella sua individualità storica, ma la sua è anche una vicenda dal valore universale.
Nell'esegesi biblica medievale si era sviluppata la dottrina dei quattro sensi della Scrittura: letterale (o storico), allegorico, morale e anagogico. Dante la riprende nel Convivio (II 1, 2-7) e nell'Epistola a Cangrande (Ep. XIII 21), ma nella Commedia non sembra possibile applicarla sistematicamente. Di volta in volta, oltre al senso letterale, si potrà cogliere un sovrasenso che potrà essere allegorico o morale o anagogico.
L'esegesi biblica aveva sviluppato anche l'interpretazione figurale, in parte sovrapponibile a quella allegorica, per spiegare i rapporti fra l'Antico e il Nuovo Testamento. La figura può essere definita una 'profezia reale': un fatto reale e storico che è anche la prefigurazione di un altro fatto che si compie successivamente. Molti fatti e personaggi di cui parla l'Antico Testamento sono anche prefigurazione della vita di Gesù. Così, la liberazione degli Ebrei dalla schiavitù in Egitto è un fatto reale, ma è anche figura della liberazione dell'umanità dal peccato realizzata da Cristo: Mosè e altri personaggi veterotestamentari sono considerati figurae Christi. La diffusione di tale tecnica porta all'applicazione anche a personaggi classici. Inoltre il meccanismo si estende in direzione dell’imitatio Christi, in quanto ogni cristiano può farsi figura Christi seguendo il suo esempio.
Nel primo canto del poema si presenta un tipo di allegoria in cui la forza del senso letterale è debole e ricorda l'allegoria come personificazione di concetti astratti usata nella letteratura didattica medievale. La Commedia accoglie e utilizza una pluralità di tecniche allegoriche, dall'allegorismo biblico a quello poetico, dalle personificazioni alle figure moralizzate, sino all'applicazione della figuralità in vari modi: le vicende di Dante personaggio o di Dante poeta vengono talvolta presentate come compimento figurale di quelle di personaggi del testo sacro, del mito classico e della vita religiosa medievale.