Chiose alla Commedia (Inferno IX) [Andrea Lancia]

Dati bibliografici

Autore: Andrea Lancia

Tratto da: Chiose alla Commedia. Tomo I

Editore: Salerno, Roma

Anno: 2012

Pagine: 215; 219-225

Canto: viiii°, ove dimostra il malagevole entramento al vi° cerchio d’inferno, equi delle tre furie infernali si tratta. E dichiara Virgilio a Dante una quistione e rendelo sicuro dicendo sé esservi stato dentro altra fiata.

[...]

[1-3]  Ghiosa sopra ’l viiii canto. Quel colore etc. Questo canto si divide in tre parti. Nella prima parte pone quello che fece e quello che disse Virgilio non ricevuto da quelli demoni, e questa parte dura infino quivi: et altro disse. Ivi comincia la seconda parte, nella quale tratta di tre furie infernali, et questa parte dura di qui ↓ dove dice: o voi ch’avete gl’intelletti sani. Quivi comincia la terza parte, dove tratta l’entramento nella cittade di Dyte. Alla prima parte dice l’autore quel colore, cioè la palidezza, la quale viene per viltade d'animo e paura, sì come la rossezza viene per vergogna. Ed è la ragione che, quando l’uomo è in pericolo di vita o di membro, il sangue ch'è sparto e si dimostra nel viso e ne l’altre parti del corpo di fuori, rifugge dentro al cuore a fortificarlo, donde d’'uomo diviene palido. Ma quando l’uomo teme di perdere suo honore, a ricoprire cioè il sangue corre al viso, dove vergogna si mostra per alcuno commesso fallo. Onde dice l’autore che per le parole confortative  di Virgilio il novo colore, apparito nella faccia de l’autore, si ristrinse dentro e il cuore riprese vigore.
[4-6]  Attento etc. Qui discrive l'atto di Virgilio, che l'occhio, cioè la speculatione della ragione, non penetrava l’oscuritade del dannato luogo.
[7-9]  Pura nnoi. Parole sono di Vergilio dinotando il futuro soccorso.
[8-12]  [Se nnon... Tal ne s'oferse], Quasi tali colpe fossoro lasciate a certare procedendo che in dietro tornando in loro, si come vitioso, il ritereboro.
[10-15]  Io vidi bene etc. Le parole tronche di Vergilio, quivi: se non... Tal ne s'oferse, paiono varie da quella, pura noi converrà vincere la prova, però che altro è a dire se non... tale ne s’oferse e altro è a dire pur a noi converrà vincer la prova: altro principio di parole precedeva e altro seguiva fine. ↓ Più dunque rimase dentro nella intentione de l’autore ch’elli non spremette per parole, la quale cosa è assai manifesta, però che la sententia di quelle parole puote esser cotale. Dice Virgilio: di necessitade conviene che noi siamo vincitori di questa pugna e che noi entriamo per questa porta. Poi sogiugne e seguita: se non... tale ne s'oferse, cioè a dire: se noi non saremo vincitori, tale aiutorio s’è offerto a noi che inpossibile sarebbe noi no o non esser vincitori, o che noi non entrassimo per questa porta, però che Beatrice fue cagione della venuta e del movimento e del soccorso di Virgilio per la conservatione e salute dell’autore. Onde se per verti celestiale è conceduto che Virgilio meni Dante per questi ↑ camini, questo è il rispetto del favore che rimane nella intentione di Vergilio, avegna che per parole di fuori non l’aprisse. Seguita verisimilemente che quelle parole furono dette non perfettamente, ma tronche, sì che il senso e lo intendimento sia: a noi conviene di questa pugna esser vincitori e se noi non ne saremo vincitori, tale vertù e gratia n'è donata da cielo che inpossibile è noi non esser vincitori.  E questo si pruova assai e verifica per quello che seguita, che l’angelo di Dio discese e aperse le porte per le quali entrarono a vedere le segrete de l’inferno.
 Se non tal ne soferse, che soferto no l'avrebbe se gratia non ne fosse data da cielo, sì come ne soferse Caron capitolo iii, et Minos canto v, et Pluto canto vii, et Flegias canto viii.
[16-18]  In questo fondo etc. Muove l’autore qui questione a Virgilio: se mai nella cittade di Dyte discese alcuna anima che fosse nel primo grado, o vero circulo d’inferno, alli spiriti del quale grado è tolta in luogo di pena ogni speranza, si come è mostrato di sopra canto terzo, quivi: «Lasciate ogni speranza», et quivi, canto iii: «Che sanza speme vivemo in disio».
[19-33]  Et quei: «Di rado». Solve Virgilio la questione come il testo dice. E dice che altra volta, poco dopo la sua corporale morte, vi discese elli e dice perché e come. Di questa Ericon incantatrice di dimoni parla Lucano nel vi libro. E dice qui: per trarre uno spirito del cerchio di Iuda. Puotesi stimare che ’l facesse ad instantia d’Ottaviano Agusto per invocarne l’anima di Cassio o di Bruto.
Costei fue nigromantica e partita dalli usi e da’ modi delle femine e delli huomini e la sua vita era in incantare e invocare diavoli; dimorava in selvi e luoghi silvestri, in spelunche e caverne, e tra sepolture di morti operava teste e ossa d’uomini morti; da lei inchiese Sexto figliolo del grande Pompeo del fine della battaglia di Tesaglia. Dice dunque che di rado incontra che alcuno spirito che dimori nel primo grado pervegna a questo luogo sottano, neentemeno divenne che io Virgilio vi discesi congiurato da Ericon cruda, cioè da una incantatrice di spiriti, per trarre uno spirito del cerchio di Giuda.
[34] Et altro disse etc. Segue il poema.
[37-48]  Dove in un punto. Qui discrive l’autore tre infernali furie, le quali si levarono e rispuosoro al cenno scritto di sopra ne l’viii canto. E dopo la discriptione le nomina dicendo: quella è Megera etc., Alettho etc., Thesifone. E dicesi ch’elle hanno crini di serpenti per tre effetti che nelli animi delli huomini generano, cioè disiderare vendetta, disiderare ricchezze, disiderare luxuriare: ira, concupiscenza, carnale dilettatione.
[49-53]  Et dice co l’unghie si fendeano il petto etc. Et gridavan: «Vegna Medusa: si ‘l faremo di smalto», cioè convertiremo questo mortale in pietra. Aletho viene a dire tempestosa, Thesifone viene a dire boce di queste, Megera viene a dire grande contentione. Hanno a significare tre affetti de l'animo: ira causata nella potentia irascibile, cupidità nella concubiscibile, volontà in apetito luxurioso, o Aletto mal pensamento, Tesifone disonesto parlare, Megera furibunda opera, cioè li loro crinuti serpenti.
 Queste tre furie hanno a significare le tre qualitadi che dentro a le mura d’inferno s'inchiudono nel vii, viii e viiii circulo.
↓ Favola di Medusa. Phorco re ebbe tre figliuole chiamate le tre Gorgone: Steno, Euriale e Medusa. Medusa fu di più tempo e pit ricca e però fu detta Gorgone, però che intendeva ad amplificare e conservare il regno del padre sopra l’altre sue sorori: georgi in greco viene a dire ‘lavoratori di terra’ in latino. Questa Medusa giacque con Neptuno deo del mare nel tempio di Minerva dea della sapientia, onde la dea irata convertfe li capelli di Medusa in serpenti, e fecela tale che chi la guatava, per la corrotta dispositione d’essa, si divenia pietra. Perseo figliolo di Iove e di Dampne, considerando il grande pericolo che soprastava alli huomini della veduta di Medusa, prese uno scudo di vetro o vero di specchio e andòe a lei e ’l capo con ferro violentemente le taglide via. Neentemeno la pericolosa proprietade della tagliata testa stette ferma. E però dice che se Dante avesse guatato il Gorgone, cioè la testa di Medusa, per la proprietade d’esso sarebbe divenuto ismalto, cioè pietra, e così non sarebbe mai tornato nel mondo.
Onde è da notare che per tutte le guise li demoni impediscono gl’uomini nelle speculationi delle vertudi e nelle cognitioni de’ vitii. Medusa secondo Papia è interpretata dimenticanza. La morte di Medusa favolegia Ovidio nel iii libro del Metamorfoseo, favola xiiii. L’alegoria de la favola si è che Perseo si pone per la vertù, la quale discipa la paura e dispreza li orribili timori.
[43] = [Meschine], Famule.
[44] = [Della regina], Di Proserpina.
[45]  Herine, piccole donne d’inferno.
[46] = [Quell’è Megera dal sinistro canto], Maior contentio, prava operatio.
[47] = [Alettho], Alettho.  «…»etifica.
[48] = [Tesifone], Lix.
[54]  Mal non vengiammo in Theseo l’asalto. Questa favola pone Ovidio nel maggiore volume libro ***, favola ***, et Seneca nelle tragedie, tragedia ***. Con ciò fosse cosa che Teseo figliuolo del Duca d’Athene discendesse in inferno con Pericoo etc. Questa favola è scritta di sopra, canto vi.
[56] = [Gorgion], Medusa.
[61-63]  O voi ch’avete gl’intelletti sani etc. In questa parte l’autore avendo favoleggiato delle tre furie, di loro contenenza e di Medusa, incita l’intelletti delli huomini sapienti a considerare che vuole significare Medussa, che le tre furie e che l’atto e l’operatione di Vergilio nella salute de l’autore.
↑ O voi ch’avete gl’intelletti sani etc. A savi huomini parli e di sottile intelletto, che considerino che s'intende per queste tre Gorgone e che l’operatione di Virgilio chiudendo gl’occhi a l’autore. Queste tre Gorgone significano tre generationi di paura: la prima è quella che isbigottendo indebolisce la mente, sì come è quando alcuno, subitamente udendo o ymaginando alcuna cosa da temere e nuova, l’animo suo indebolisce e si dibatte; per questa prima paura si significa la prima Gorgona, cioè Sceno. Sceno in greco viene a dire ‘debolezza’ in latino. La seconda Gorgona è Buriale, che viene a dire ‘larga profonditade’; per questa si significa la seconda paura, la quale sparge la mente con larga paura intanto che le potentie  sensitive e intellettive si disviano. Perla terza Gorgona, ch’ha nome Medusa, si significa la iii generatione della paura, la quale è di tanta terribileza che non solamente spaventa la mente, e non solamente la fae errare e disviare, ma etiamdio induce caligine allo ’ntelletto, se la virtù della sapientia non si oppone alla venuta di questa paura. Et però Virgilio, cioè la ragione, sé oppuose e coprie l'umanitade e sensualitade de l’autore.
[64-72]  Et già venia etc. Descrive la venuta de l'angelo a fare aprire la porta di Dyte e discrive la sua venuta assimigliandola ad uno impetuoso vento in tempo di state.
[67]  [Non altrimenti fatto che d'un vento], Comparatio.
[73]  Gl'occhi mi sciolse etc. Pone il documento di Vergilio a conoscere l’aiutorio mandato da Dio.
[76-78]  Come le rane. Pone per questa similitudine l’effetto de l’angelico aiutorio e nota qui la timiditade delle rane verso la serpentina audacia.
[79-87]  Vid'io etc. Alcuno pone che questo angiolo abbia a figurare la experienza della mente e dice che sanza questa sperienza l’umana ragione era insoficiente ad entrare alla cognitione di quelli vitii malitiosi e bestiali, si come fu per sé saficiente a conoscere il vitio della incontinentia; e che la sinistra mano de l’agnolo, cioè di questa mentale sperienza, dinanzi dal volto s’afatica, a dinotare che nella sinistra operatione al presente procede; e che ciascuna anima li fuge dinanzi, a dimostrare che la coscientia delle mali opere di ciascuno fugge dinanzi dalla sperienza della mente.
[88-99]  Ahi quanto mi parea pieno di disdegno etc. Avegna che l’autore induca qui l'angelo a questo atto, neentemeno poetiza e maximamente quivi: perché ricalcitrate etc., et quivi: et che più volte v'ha cresciuta doglia, ciò appare per quella parola: Cerbero vostro etc. Li poeti fingono due volte esser assalito l'inferno: l'una da Theseo e Peritoo per trarne fuori Proserpina moglie di Pluto, l’altra da Hercule, secondo che scrive Seneca prima tragedia.
[98]  [Cerbero vostro, se ben vi ricorda].
[100]  Poi si rivolse etc. Nota la excellenza de l’angelo.
[104]  Et noi movemmo etc. Segue il poema, ed entra nel vi circulo.
[106]  [Dentro v’entramo], vi circulus.
[112-120] ↓ Sì come ad Arli etc. Si come a Pola etc. Qui fa l’autore sua similitudine e tacitamente tocca due battaglie: l’una fatta in Proenza apresso la cittade d'Arli, l’altra in Istria presso alla cittade di Pola tra cristiani e pagani, nelle quali morìe moltitudine dell’una e de l’altra parte, si che pochissimi ne camparo. Onde i morti mescolatamente rimasoro ne’ campi. Onde a’ prieghi di santi huomini Dio miracolosamente diede segnale sopra ciascuno corpo di cristiano. E così furo partiti li corpi de’ cristiani da quelli de’ pagani e secondo la qualitade delle persone. Cost furono date le sepolture a’ corpi per li altri cristiani che viveano, sì che al magiore e al pit nobile più nobile e magior monimento fu dato, e al minore minore sepoltura fu conceduta. Et si come quello luogo è vario per la disaguaglianza delle sepolture, così dice l’autore che nella detta cittade di Dyte sono diverse sepolture, nelle quali sono tormentati li heretici, ma non d’iguali pena, però che alcuni pit duramente e pit gravemente, sicome la crudelezza delle loro heresie richiede.
[124]  Et io maestro etc.
[127]  Et elli a me. Qui manifesta la qualitade de’ peccatori tormentati in questo luogo, e dice heresiarchi, cioe i principi delli heretici.
[132]  Et poi ch'a la man destra etc. Segue il poema.

Date: 2022-01-10